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Sostiene Pereira – Antonio Tabucchi

Sostiene Pereira - Antonio TabucchiSostiene Pereira è un romanzo senza tempo. Piccolo capolavoro della letteratura del novecento, il libro conferisce a Tabucchi un clamoroso successo di critica e di pubblico oltre a diversi premi: Premio Viareggio-Repaci, Premio Campiello, Premio Scanno, Premio dei Lettori e Prix Européen Jean Monnet .

“Sostiene Pereira”  può essere considerato un romanzo di formazione, nel quale si intrecciano sapientemente  tre generi letterari: storico, psicologico e sociale. La storia è ambientata a Lisbona nel 1938, in pieno regine salzarista, e narra dell’intorpidimento di una coscienza, ma anche del suo progressivo risveglio.  Pereira è un  “uomo senza qualità”, quieto, che pensa di sopravvivere mettendosi al riparo da qualsiasi coinvolgimento politico, ignorando censura e repressione. Redattore delle pagine culturali di una rivista, a poco a poco sarà costretto dagli eventi e dall’incontro turbolento con il giovane Monteiro Rossi ad affrontare le proprie responsabilità scoprendo così la propria coscienza civile.
Ogni pagina del libro è un continuo richiamo alla riflessione.  Antonio Tabucchi fonde con grande maestria personale e pubblico, dimostrando che anche il più piccolo gesto, compiuto dalla più piccola persona, non è assolutamente irrilevante per il sistema in cui la stessa vive.

le ragioni del cuore sono le più importanti,
bisogna sempre seguire le ragioni del cuore,
questo i dieci comandamenti non lo dicono,
ma glielo dico io, comunque bisogna stare con gli occhi aperti,
nonostante tutto, cuore, sì, sono d’accordo,
ma anche gli occhi bene aperti.


Le piace il Portogallo?, chiese Pereira. Mi piace, rispose la signora Delgado, ma non credo che vi resterò a lungo, ho visitato i miei parenti a Coimbra, ho ritrovato le mie radici, ma questo non è il paese che fa per me e per il popolo a cui appartengo, sono in attesa del visto dell’ambasciata americana, fra poco, almeno spero, partirò per gli Stati Uniti. Pereira credette di capire e chiese: lei è ebrea? Sono ebrea, confermò la signora Delgado, e l’Europa di questi tempi non è luogo adatto alla gente del mio popolo, specie la Germania, ma anche qui non c’è molta simpatia, me ne accorgo dai giornali […]. Ho notato che stava leggendo un libro di Thomas Mann, disse Pereira, è uno scrittore che amo molto. Anche lui non è felice per quello che sta succedendo in Germania, disse la signora Delgado, non direi che sia felice. Anch’io forse non sono felice per quello che succede in Portogallo, ammise Pereira. Beh, disse la signora Delgado, lei è un intellettuale, dica quello che sta succedendo in Europa, esprima il suo libero pensiero, insomma faccia qualcosa. Sostiena Pereira che avrebbe voluto dire molte cose. Avrebbe voluto rispondere che sopra di lui c’era il suo direttore, il quale era un personaggio del regime, e che poi c’era il regime, con la sua polizia e la sua censura, e che in Portogallo tutti erano imbavagliati, insomma che non si poteva esprimere liberamente la propria opinione, e che lui passava la sua giornata in una misera stanzuccia in Rua Rodrigo da Fonseca, in compagnia di un ventilatore asmatico e sorvegliato da una portiera che probabilmente era una confidente della polizia. Ma non disse niente di tutto questo, Pereira disse solo: farò del mio meglio signora Delgado, ma non è facile fare del proprio meglio in un paese come questo per una persona come me, sa, io non sono Thomas Mann, sono solo un oscuro direttore della pagina culturale di un modesto giornale del pomeriggio, faccio qualche ricorrenza di scrittori illustri e traduco racconti dell’Ottocento francese, di più non so fare. Capisco, replicò la signora Delgado, ma forse tutto si può fare, basta averne la volontà. Pereira guardò fuori dal finestrino e sospirò […]. Era bello, quel piccolo Portogallo baciato dal mare e dal clima, ma era tutto così difficile, pensò Pereira. Signora Delgado, disse, credo che fra poco arriveremo a Lisbona, siamo a Vila Franca, questa è una città di lavoratori onesti, di operai, anche noi, in questo piccolo paese, abbiamo la nostra opposizione, è un’opposizione silenziosa, forse perché non abbiamo Thomas Mann, ma è quello che possiamo fare, e ora forse è meglio se ci rechiamo al nostro scompartimento a preparare i bagagli, sono stato felice di conoscerla e di passare questo tempo con lei […].

L’elaborazione del lutto, disse il dottor Cardoso, è un’espressione freudiana, mi scusi, io sono un sincretista e ho pescato un po’ di qua e un po’ di là, ma lei ha bisogno di elaborare un lutto, ha bisogno di dire addio alla sua vita passata, ha bisogno di vivere nel presente, un uomo non può vivere come lei, dottor Pereira, pensando solo al passato. E le mie memorie, chiese Pereira, e quello che ho vissuto? Sarebbero solo una memoria, rispose il dottor Cardoso, ma non invaderebbero in maniera così prepotente il suo presente, lei vive proiettato nel passato, lei è qui come se fosse a Coimbra trent’anni fa e sua moglie fosse ancora viva, se lei continua così diventerà una sorta di feticista dei ricordi, magari si metterà a parlare con la fotografia di sua moglie. Pereira si asciugò la bocca col tovagliolo, abbassò la voce e disse: lo faccio già, dottor Cardoso. Il dottor Cardoso sorrise. Ho visto il ritratto di sua moglie in camera sua nella clinica, disse, e ho pensato: quest’uomo parla mentalmente con il ritratto di sua moglie, non ha ancora elaborato il lutto, è proprio così che ho pensato, dottor Pereira. In verità non è che ci parli mentalmente, aggiunse Pereira, ci parlo a voce alta, gli racconto tutte le mie cose, e è come se il ritratto mi rispondesse. Sono fantasie dettate dal superego, disse il dottor Cardoso, lei dovrebbe parlare con qualcuno di cose come queste. Ma non ho nessuno con cui parlare, confessò Pereira, sono solo, ho un amico che fa il professore all’università di Coimbra, sono stato a trovarlo alle terme di Bucaco e sono partito il giorno dopo perché non lo sopportavo, i professori universitari sono tutti a favore della situazione politica e lui non fa eccezione, e poi c’è il mio direttore, ma lui partecipa a tutte le manifestazioni ufficiali con il braccio teso come un giavellotto, figuriamoci se posso parlare con lui, e poi c’è la portiera della redazione, la Celeste, è un’informatrice della polizia, e ora mi fa anche da centralino, e poi ci sarebbe Monteiro Rossi, ma è latitante. È Monteiro Rossi che ha conosciuto?, chiese il dottor Cardoso. E il mio praticante, rispose Pereira, il ragazzo che mi scrive gli articoli che non posso pubblicare. E lei lo cerchi, replicò il dottor Cardoso, come le ho detto prima, lo cerchi, dottor Pereira, lui è giovane, è il futuro, lei ha bisogno di frequentare un giovane, anche se scrive articoli che non possono essere pubblicati sul suo giornale, la smetta di frequentare il passato, cerchi di frequentare il futuro. […]

A presto dottor Pereira […] mi raccomando dia spazio al suo nuovo io egemone, lo lasci essere, ha bisogno di nascere, ha bisogno di affermarsi.
Pereira si alzò e lo salutò. Lo guardò allontanarsi e sentì una grande nostalgia, come se quel commiato fosse irrimediabile. […] E quando il dottor Cardoso uscì dalla porta e scomparve nella strada lui si sentì solo, veramente solo, e pensò che quando si è veramente soli è il momento di misurarsi con il proprio io egemone che vuole imporsi sulle coorti delle anime. Ma anche se pensò così non si senti rassicurato, sentì invece una grande nostalgia, di cosa non saprebbe dirlo, ma era una grande nostalgia di una vita passata e una vita futura, sostiene Pereira.

Sulla battigia c’era un gruppo di giovani che giocavano a palla e Pereira pensò di evitarli. Entrò nell’acqua con calma, piano piano, lasciando che il fresco lo abbracciasse lentamente. […] Poi, quando l’acqua gli arrivò all’ombelico, si tuffò e si mise a nuotare un crawl lento e misurato. […] Nuotò a lungo, fino alle boe. Quando abbracciò la boa di salvataggio sentì che aveva il fiatone e che il suo cuore batteva all’impazzata. Sono matto, pensò, non nuoto da una vita e mi butto in acqua così, come uno sportivo. […] Si riposò attaccato alla boa, poi si mise a fare il morticino. Il cielo sopra i suoi occhi era di un azzurro feroce.

Sostiene Pereira che mentre si allontanava tra la folla aveva la sensazione che la sua età non gli pesasse più. Come se fosse tornato un ragazzo, agile e svelto con una gran voglia di vivere. E allora ripensò alla spiaggia della Grange e ad una fragile ragazza che gli aveva dato gli anni migliori della sua vita. E per ricordare tutto ciò ebbe voglia di fare un sogno, un sogno bellissimo ad occhi aperti, ma di questo sogno non vuole parlare Pereira perché lo avrebbe raccontato di persona a colui che vi ha narrato questa storia.

Antonio Tabucchi, Sostiene Pereira – Feltrinelli