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David Grossman – L’abbraccio

L'abbraccio
L’abbraccio, scritto da David Grossman e arricchito dalle illustrazioni di Michal Rovner, è stato pubblicato nel 2010 dalla casa editrice Mondadori ed è uno di quei libri che si legge tutto d’un fiato. Favola elegante e raffinata, è da considerare come un dono dell’autore ai suoi lettori perché a loro volta lo donino alle persone che amano.
Il racconto è un breve e folgorante apologo sulla solitudine e sull’amore; narra un tenero dialogo fra il piccolo Ben e la sua mamma durante una passeggiata. Ben, bambino curioso e un po’ spaventato, sottopone all’attenzione della madre una serie di domande abbastanza impegnative sull’unicità dell’essere umano e sulla consapevolezza e l’orrore di essere solo al mondo. L’autore con una scrittura semplice prova a spiegare concetti universali quali la solitudine e l’amore. Si è un po’ soli e un po’ con gli altri, un po’ l’uno e un po’ l’altro. Ed è proprio questo che rende la vita una meravigliosa scoperta. Il segreto di questa possibile condivisione è nell’abbraccio.
Al pari del Piccolo Principe di Antoine de Saint-Exupéry, “L’abbraccio”, proprio per la sua duplice valenza di racconto per bambini e apologo sulla vita, merita di essere letto e regalato.

«Ecco, prendi te per esempio. Tu sei unico», spiegò la mamma, «e anch’io sono unica, ma se ti abbraccio non sei più solo e nemmeno io sono più sola».

«Sei dolcissimo», disse la mamma a Ben mentre facevano una passeggiata nei campi verso sera, «sei dolcissimo e tanto carino, non c’è nessuno al mondo come te!»
«Davvero non c’è nessuno al mondo come me?», domandò Ben.
«Certo che no», rispose la mamma, «sei unico!».
Continuarono a camminare lentamente. Sopra le loro teste un grosso stormo di cicogne volava verso paesi lontani.
«Ma perché?», chiese Ben fermandosi di colpo, «perché non c’è nessuno al mondo come me?».
«Perché ognuno di noi è unico e speciale», disse la mamma ridendo e accovacciandosi a terra. «Vieni qui, siediti vicino a me». Poi fischiò alla loro cagnetta, Splendida, perché si sedesse con loro.
«Ma io non voglio che al mondo ci sia soltanto uno come me», protestò Ben.
«Perché no?», si stupì la mamma, «è una cosa bellissima che tu sia unico e speciale!».
«Perché così sono solo!», si lamentò Ben, «mentre io voglio che ci sia anche qualcun altro come me!»
«Tu non sei solo», gli spiegò la mamma, «ci sono io con te, e anche papà».
«Sì», ammise Ben, «però…». Era confuso e non ricordava più cosa voleva dire. «Vieni qui», mormorò la mamma, «siediti vicino a me».
Ben non si sedette. All’improvviso i suoi occhi si fecero grandi e profondi: «E non c’è nemmeno nessuno al mondo come te?». «No, non c’è», disse la mamma.
«Allora anche tu sei sola?»
«Ma no. Ho te e papà…».
«Ma non c’è nessuno proprio uguale a te?»
«No, non c’è», ammise la mamma.
«Allora sei sola», proclamò Ben sedendosi accanto a lei. «E non ti senti sola, da sola…?».
La mamma sorrise, disegnò col dito dei cerchi per terra e rispose, «sono un pò sola e sono un pò con gli altri, e a me va bene essere un pò così e un pò cosà…».
Il sole cominciava a tramontare, il cielo si fece quasi rosso. «Io mi sento solo», mormorò Ben sottovoce. «Ma tesoro», esclamò la mamma, «ci sono io con te!».
«Ma tu non sei me».
Tacquero. Nell’aria c’era un buon odore di terra e di erba, e un ronzio di mosche e di altri insetti che svolazzavano dappertutto, danzando.
Ben accarezzò la cagnetta distesa accanto a lui. «Anche Splendida?»
«Anche Splendida cosa?», domandò la mamma.
«Anche di Splendida ce n’è solo una in tutto il mondo?».
«Sì», rispose la mamma accarezzando il pelo morbido della cagnolina, «c’è una sola Splendida in tutto il mondo».Per terra, accanto ai piedi di Ben e della mamma, camminava una lunga fila di formiche. Forse mille. Si somigliavano moltissimo, mille formiche identiche. Ma quando Ben le guardò da vicino vide che una camminava veloce e un’altra piano. Una si sforzava di trascinare una foglia grande e un’altra trasportava soltanto un chicco di grano. E ce n’era una, piccolina, che correva avanti e indietro a lato della fila. Ben pensò che forse quella formichina aveva perso i genitori e li stava cercando.

«Questa formica lo sa che non c’è nessun altra al mondo come lei?», domandò.
«Questo non lo posso sapere», rispose la mamma.
Ben ci pensò un po’ su, poi disse: «Non lo puoi sapere perché tu non sei lei?».
«Sì», confermò la mamma, «perché io non sono lei».
La formichina rientrò finalmente nella fila e riprese a camminare con le altre. Ben pensò che forse le due formiche grandi che le camminavano accanto erano i suoi genitori. «Allora di ogni persona ce n’è solo una al mondo?» domandò Ben.
«Sì, ce n’è solo una», disse la mamma.
«E perciò sono tutti soli?».
«Sono un po’ soli ma sono anche un po’ insieme. Sono sia l’uno sia l’altro».
«Ma com’è possibile?».
«Ecco, prendi te per esempio. Tu sei unico», spiegò la mamma, «e anch’io sono unica, ma se ti abbraccio non sei più solo e nemmeno io sono più sola».
«Allora abbracciami», disse Ben stringendosi alla mamma.
Lei lo tenne stretto a sé. Sentiva il cuore di Ben che batteva. Anche Ben sentiva il cuore della mamma e l’abbracciò forte forte.
«Adesso non sono solo», pensò mentre l’abbracciava, «adesso non sono solo. Adesso non sono solo».
«Vedi», gli sussurrò mamma, «proprio per questo hanno inventato l’abbraccio».
David Grossman,  da ” L’ abbraccio ” – Traduzione di Alessandra Shomroni