L’uomo senza qualità è una pietra miliare nella letteratura europea del Novecento. Questo capolavoro indiscusso della civiltà letteraria di lingua tedesca si propone come un efficace ritratto delle contraddizioni vissute dall’uomo nella modernità, lacerato tra il “mondo di ieri” e i nuovi tempi che avanzano. Il laboratorio di tali sconvolgimenti è per Musil la sua amata-odiata patria: l’Austria d’inizio secolo (la “Kakania”) in cui la monarchia austro-ungarica conosceva l’inizio della fine, esempio significativo di possibilità insite nella storia di tutti i tempi. La caustica penna di Musil analizza con accorata nostalgia e pungente ironia la società asburgica, facendone affiorare il volto nascosto. In alcuni casi però il sarcasmo cede il passo a una dimensione ben più tragica, prefigurando la barbarie del nazismo. La scrittura oscilla tra la visione estatica e gli enunciati delle scienze naturali e subisce una radicale mutazione, superando l’antinomia tra narrazione e descrizione, per approdare alla formula del “romanzo-saggio”: il romanzo si dissolve, o meglio muore, per poi resuscitare dalle sue ceneri nella saggistica. L’opera, rimasta incompiuta, apparve nel 1930 a Berlino, in un’edizione che comprendeva solo il primo libro, mentre gli altri trentotto capitoli del secondo volume furono pubblicati nel 1933; gli abbozzi e i frammenti dell’ultima parte vennero pubblicati postumi dalla moglie.
Quarta di copertina
Non è vero che il ricercatore insegue la verità, è la verità che insegue il ricercatore. Egli la subisce.
Estratto:
“La conoscenza è un atteggiamento, una passione. Un atteggiamento illecito, in fondo, perché come la dipsomania, l’erotismo e la violenza anche la smania di sapere foggia un carattere che non è equilibrato. Non è vero che il ricercatore insegue la verità, è la verità che insegue il ricercatore. Egli la subisce. Il vero è vero, e il fatto è reale senza curarsi di lui, egli ne ha soltanto la passione, è un dipsomane della realtà e questo foggia il suo carattere, e non gliene importa un fico che dalle sue scoperte venga fuori qualcosa di completo, di umano, di perfetto o di checchessia. è una creatura piena di contraddizioni, passiva e tuttavia straordinariamente energica!
– E poi? – chiese Walter. – E poi cosa?
– Non vorrai mica dire che possiamo contentarcene?
– Io mi contenterei, – disse Ulrich tranquillo. – Le nostre opinioni su quanto ci circonda, ma anche noi stessi, cambiano tutti i giorni. Viviamo in un periodo di transizione. Forse se noi non affrontiamo meglio che fino ad ora i nostri compiti più profondi, questo periodo durerà sino alla fine del mondo. Eppure quando si è messi nello stanzino buio non bisogna, come i bambini, mettersi a cantare per la paura. Fingere di sapere come dobbiamo comportarci quaggiù è appunto cantare per la paura; puoi sgolarti da far cadere il soffitto, ma è paura e nient’altro! D’altronde io sono persuaso che stiamo correndo al galoppo.
[…]
Ulrich riprese, ostinato: – Quello che ci occorre nella vita è la persuasione che le nostre faccende van meglio di quelle del vicino. Voglio dire: i tuoi quadri, la mia matematica, la moglie ed i figli di Tizio e di Caio; tutto ciò che dà all’uomo la sicurezza di non essere assolutamente niente di straordinario, ma che nel suo modo di non essere niente di straordinario, egli può essere difficilmente uguagliato! Walter non era ancora tornato alla sua seggiola. C’era in lui un senso di eccitazione. Di trionfo.
Gridò: – Lo sai che cosa dici? Sei un vero austriaco, ecco! Tu predichi la filosofia del governo austriaco: tirare a campare!
– Forse non è una cattiva idea come tu credi, – ribatté Ulrich. – Il bisogno appassionato di precisione, di rigore, di bellezza può arrivare a far concludere che il tirare a campare val meglio di tutti i conati dello spirito nuovo!
Da: Robert Musil, L’uomo senza qualità tradotto prima da Anita Rho, poi da G. Benedetti, L. Castoldi