ho cambiato idea e non parlo più di “male radicale”. […] Quel che ora penso veramente è che il male non è mai “radicale”, ma soltanto estremo, e che non possegga né profondità né una dimensione demoniaca. Esso può invadere e devastare il mondo intero, perché si espande sulla sua superficie come un fungo. Esso “sfida” […] il pensiero, perché il pensiero cerca di raggiungere la profondità, di andare alle radici, e, nel momento in cui cerca il male, è frustrato perché non trova nulla. Questa è la sua “banalità”. Solo il bene è profondo e può essere radicale”.
Hannah Arendt, “La banalità del male”.
Filosofa e storica tedesca di origini ebraiche, Hannah Arendt nasce il 14 ottobre del 1906 a Linden. Prima dell’avvento del nazismo è allieva del filosofo Martin Heidegger e col maestro condivide anche una relazione amorosa segreta. Scoperte le simpatie naziste di quest’ultimo interrompe il rapporto, pur non riuscendo mai a staccarsi del tutto dalla figura del proprio mentore. Fugge prima a Parigi e, dopo l’invasione nazista, in America. Prende la cittadinanza americana e diventa attivista nella comunità ebraica tedesca di New York. Dopo la seconda guerra mondiale si riconcilia con Heidegger e testimonia in suo favore durante un processo in cui lo si accusava di aver favorito il regime nazista.
La sua notorietà al di fuori del mondo accademico è dovuta soprattutto alla sua cronaca per il New Yorker del processo ad Eichmann, l’unico criminale nazista condannato a morte in Israele, “La banalità del male” del 1963. Ma il suo capolavoro, Le Origini del Totalitarismo viene pubblicato nel 1951. Nel 1958 segue La condizione umana, tradotto in tedesco con Vita activa, e il breve saggio La rivoluzione ungherese e l’imperialismo. totalitario. Nel 1970 esce Sulla violenza; Dopo quest’opera la Arendt, avendo sondato abbondantemente gli abissi della politica, decise di occuparsi di quella filosofia che aveva sempre avvertito come opposta alla politica. Come disse nel 1973 a Hans Jonas: Ho chiuso con la politica: da adesso mi occuperò di argomenti trans-politici, e Jonas: quindi, di filosofia. L’opera che aveva in mente, Vita della mente, era composta da tre volumi, di cui solo due completi: Il pensiero e La volontà. La Arendt muore, improvvisamente, a New York il 4 dicembre 1975 lasciando il titolo del terzo volume ancora nella macchina da scrivere: Il giudizio.