Sibilla Aleramo è la prima femminista italiana che ha saputo con il suo impegno e la sua scrittura creare la donna nuova, libera e indipendente: una donna che rivendica a sé la possibilità di scegliere la propria vita, nel lavoro e nel matrimonio, e delle scelte si assume la responsabilità, anche quando sono sbagliate; una donna impegnata in campo politico e sociale, che crede in ciò che fa e ci mette il cuore.
Sibilla Aleramo, pseudonimo di Rina Faccio; nasce ad Alessandria il 14 agosto nel 1876. Narratrice e poetessa, fu una delle prime donne italiane del ‘900 a rivendicare i suoi diritti e mai come oggi sarebbe importante rileggere le sue parole e le sue convinzioni. L’adolescenza di Rina fu tutt’altro che felice: il matrimonio dei genitori fu un fallimento e la madre, psichicamente instabile, tentò il suicidio gettandosi dal balcone di casa. Fu internata in una casa di cura dopo alcuni anni, quando Rina era già sposata. La giovane reagì con un atteggiamento anticonformista e a 16 anni cominciò a lavorare come bibliotecaria nella fabbrica del padre. Giovanissima, fu stuprata da un collega nella vetreria del padre. Fu poi costretta ad un matrimonio riparatore con l’uomo, Ulderico Pierangeli, di cui era rimasta incinta, gravidanza che non portò a termine per un aborto spontaneo. Prigioniera di un matrimonio non voluto e di un marito manesco, cercò una via di fuga in una nuova gravidanza, che portò alla nascita del figlio Walter. Ma la nascita del bambino non migliorò le cose, Rina tentò di avvelenarsi, non ci riuscì e per il resto della sua lunga vita ebbe continui sbalzi depressivi. La scrittura divenne l’unica fuga di questa donna sensibile e brillante. Cominciò così a scrivere racconti e articoli e a collaborare con riviste femministe (Vita moderna), nonostante il suo titolo di studio fosse solo la licenza elementare. Trasferitasi a Milano con la famiglia del marito, nel 1899 le fu offerta la direzione della rivista Italia femminile. Desiderosa di separarsi, fu obbligata con le percosse a rimanere. Solo nel 1901 abbandonò il marito e il figlio, condizione per la separazione, e cominciò una nuova vita. Il suo allontanamento dal figlio fu una decisione molto sofferta. Si legò dapprima al poeta Damiani; ebbe poi una lunga relazione con lo scrittore Giovanni Cena, direttore della rivista letteraria Nuova Antologia. Nel 1906, pubblicò il suo primo libro, Una donna. Terminata la relazione con Cena, condusse una vita piuttosto errabonda: la scrittrice attraversò tutta l’Italia e parte dell’Europa, alla ricerca dell’amore perfetto, che avrebbe dato un senso assoluto alla sua vita. Ebbe una relazione con la giovane intellettuale ravennate Lina Poletti, nel 1911 soggiornò a Firenze, collaborando al Marzocco. Nel 1913, a Milano, si avvicinò ai Futuristi. A Parigi (1913-1914) conobbe Guillaume Apollinaire e Verhaeren, a Roma Grazia Deledda. In questo periodo ebbe numerose e brevi relazioni sentimentali: il primo fu Vincenzo Cardarelli, seguito da altre personalità già celebri o che lo diverranno: Papini, Boine, Clemente Rebora, Umberto Boccioni, Franco Franchi. Durante la prima guerra mondiale conobbe Dino Campana con cui ebbe una relazione tempestosissima.
Muore a Roma il 13 gennaio del 1960.
Opere bibliografiche: Il passaggio (1919), Momenti (1921), Andando e stando (1921), Amo dunque sono (1927), Poesie (1928), Gioie d’occasione, Il frustino (1932), Sì alla terra (1935), Orsa minore (1938), Dal mio diario (1946), Selva d’amore (1947), Il mondo è adolescente (1949), Aiutami a dire (1951), Luci della mia sera (1956).