Troppa felicità – Alice Munro
Introduzione Troppa felicità è una raccolta di racconti, una delle ultime di Alice Munro. Prende il titolo dall’ultimo racconto, un frammento della biografia della matematica Sophia Kovalevski. Come sempre, la scrittura della Munro cattura e inchioda il lettore alla pagina, ma, rispetto ai romanzi che l’hanno resa popolare (penso a “Nemico, amico, amante”, a “Il percorso dell’amore”, a “Chi ti credi di essere?”) , in questo manca lo slancio della straordinarietà. “Gioca a shanghai con le sue storie, Alice Munro, da sempre. Getta sulla pagina posti, alberi, situazioni e donne, cucine, abiti e animali, e con mano ferma se li riprende, li riordina provvisoriamente dentro la storia successiva, di raccolta in raccolta. Intanto passano gli anni e le verità che accendono improvvise i suoi racconti si sono fatte longeve. Non perché durino, ma perché non smettono di accendersi di nuovo, emanando altra luce, un’altra luce. Con Troppa felicità , tuttavia, il lettore avverte il passaggio in corsa di un’elettricità inedita, una scarica di tremenda libertà. Queste storie sembrano spingersi un passo oltre il segreto contenuto in storie passate, e non per consumarlo rivelandolo, ma per complicarne l’esito a partire dalla consapevolezza temeraria della vecchiaia. E se altrove l’immaginazione aveva provato a raffigurarsi l’orrore della morte di un bambino, qui i figli a morire sono tre, e a ucciderli è il padre. Se altrove una madre imparava a sopportare l’abbandono della figlia, qui all’abbandono del figlio segue il coraggio di rappresentare l’incontro, anni dopo, con uno sconosciuto di cui un tempo si conosceva a memoria ogni millimetro di intimità. Se altrove la fragile e caparbia convenzionalità dell’infanzia coagulava in dispetti odiosi ai danni di una qualsiasi creatura debole, qui tocca il fondo di una banalità del male senza scampo. Non è cambiato il narrare di Alice Munro, è solo un po’ più lontano il luogo dove ci porta a incontrare noi stessi. E dove ci lascia, in medias res, sforbiciando una frase, a volte anche solo una parola, che non se ne va più”. Susanna Basso |
Ho lasciato perdere, tutto qui, – diceva. – È incredibile come sia facile lasciar perdere.
Troppa felicità – Alice Munro
Estratto:
Udii il richiamo delle oche di passaggio in volo sopra l’ospedale. In questo periodo dell’anno compiono dei brevi voli di prova che poco per volta si allungano finché, un giorno, se ne vanno. Mi stavo svegliando, in preda alla meraviglia mista a indignazione che perdura alla fine di un sogno realistico. Avrei voluto tornare indietro e sentire la sua faccia sulla mia. La sua guancia sulla mia. Ma i sogni, si sa, non sono così arrendevoli.
Quando recuperai la vista e fui di nuovo a casa, andai a cercare quei versi che mi aveva lasciato in sogno. Sfogliai un paio di antologie senza trovarli. Cominciai a pensare che i versi non appartenessero affatto a una vera poesia, ma che fossero stati composti in sogno, per confondermi.
Composti da chi?
Qualche tempo dopo però, nell’autunno, mentre preparavo certi vecchi libri da donare a un banco di beneficenza, mi cadde un foglietto di carta brunastra, con sopra dei versi scritti a matita. La grafia non era quella di mia madre e fatico a credere che potesse essere di mio padre. Allora di chi? Chiunque fosse, aveva concluso il testo con il nome dell’autore: Walter De La Mare. Nessun titolo. Non certo un poeta di cui possa dirmi un conoscitore. Ma quella poesia dovevo averla già letta, magari non su quel foglio, forse su un libro di testo. Dovevo averne sepolto le parole in un ricettacolo della mente. E perché? Solo per poterne essere provocato in sogno, o per poter essere provocato da una bambina fantasma molto determinata?
Non c’è alcun dolore
che il tempo non possa lenire;
né perdita o tradimento,
che non sia dato riparare.
E’ balsamo all’anima, dunque,
anche quando la tomba separi
l’amante dalla sua amata
e tutto ciò che hanno insieme.
Guarda, il sole risplende
la pioggia ormai è passata;
i fiori si fanno belli,
e il cielo è limpido e terso !
Non meditare perciò
troppo su amore,dovere ;
amici dimenticati da tempo
ti aspettano forse là dove
la vita attraverso la morte
riduce tutti a un fine;
nessuno ti piangerà a lungo,
pregherà a lungo, soffrirà a lungo
per il tuo posto rimasto vuoto,
per te che non ci sei più.
La poesia non mi demoralizzò. Anzi, in qualche curiosa maniera parve rafforzare in me la decisione che avevo preso a quel punto, di non vendere la proprietà e di restare. Qui mi era successo qualcosa. Ci sono pochi luoghi in una vita, forse persino uno, in cui succede qualcosa; dopodiché ci sono tutti gli altri luoghi.
Alice Munro, Troppa felicità – Traduzione di Susanna Basso