Cos’è l’eroismo? Cos’è la viltà? E il coraggio? E il tradimento? In un’agonia lunga un intero mese, l’ultimo agosto del Novecento, un uomo che ha combattuto per la libertà del suo Paese racconta la sua vita fra la lucidità della febbre e le allucinate associazioni provocate dalla morfina. Una vita che rispecchia il secolo che ha vissuto e che sta lasciando. Al suo capezzale uno scrittore lo ascolta. E scrive. Ma quale dei due racconta questa vita, chi parla o chi ascolta? Chi testimonia per il testimone? E poi: una vita, si può raccontare?
Nota di copertina
Sono ritornato qui per andarmene, dove sono nato, per sentire le mie cicale, quelle che ascoltavo da bambino in certi pomeriggi estivi in cui mi mandavano a fare la siesta e io mi intrattenevo con le cicale, e leggevo i libri che mi avrebbero spiegato il mondo, come se il mondo si potesse
spiegare nei libri… Sogni…quando il mostro è stato vinto e ai vincitori del mostro non credi più, non resta altro che credere ai propri sogni…la nostra mano arriva dove finisce il braccio, ma il sogno va molto più lontano…è una protesi, supera la prigione dell’esistenza…
Estratto
La vita non è in ordine alfabetico come credete voi. Appare… un po’ qua e un po’ là, come meglio crede, sono briciole, il problema è raccoglierle dopo, è un mucchietto di sabbia, e qual è il granello che sostiene l’altro? A volte quello che sta sul cucuzzolo e che sembra sorretto da tutto il mucchietto, è proprio lui che tiene insieme tutti gli altri, perché quel mucchietto non ubbidisce alle leggi della fisica, togli il granello che credevi non sorreggesse niente e crolla tutto, la sabbia scivola, si appiattisce e non ti resta altro che farci ghirigori col dito, degli andirivieni, sentieri che non portano da nessuna parte, e dai e dai, stai lì a tracciare andirivieni, ma dove sarà quel benedetto granello che teneva tutto insieme… e poi un giorno il dito si ferma da sé, non ce la fa più a fare ghirigori, sulla sabbia c’è un tracciato strano, un disegno senza logica e senza costrutto, e ti viene un sospetto, che il senso di tutta quella roba lì erano i ghirigori.
[…]
Ma lui a quel tempo il futuro lo vedeva diviso in due, perché pensava che la storia fosse divisa in due, idiota, non sapeva che la storia la facciamo noi, ce la costruiamo con le nostre mani, è una nostra invenzione, e ne potremmo fare un’altra, se solo volessimo, se solo non ci lasciassimo convincere dalla storia che lei è o così o cosà, se solo avessimo la forza di dirle, signora storia, lei non è niente, non faccia tanto l’arrogante, lei è solo una mia ipotesi, e se non le spiace ora la invento come preferisco. Ma per dire questo bisogna essere vecchi, e inutili, quasi cadaveri come sono io, quando hai capito che lei era un’illusione, un fantasma, ormai non puoi più farla, è già stata fatta. La storia è come l’amore, è una musica, e tu sei il musicista, e mentre la suoni sei di un’abilità enorme, un interprete che soffia a pieni polmoni nella sua trombetta o sfrega con rapimento il suo archetto sulle corde… magnifico, un’esecuzione perfetta, applausi. Ma non conosci lo spartito. Questo lo capisci dopo, molto più tardi, ma ormai la musica è svanita… Per lui, allora, c’erano solo due futuri possibili. Il primo lo conosceva fin troppo bene, perché conosceva il paese che l’aveva inventato, ma in Italia non si poteva dire, un futuro fatto di giorni cinerei, guidato da un ufficio politico che concepiva le persone non come individui ma come congegni di una macchina a loro superiore, piccoli denti di piccole rotelle insignificanti che macinavano per la grande ruota, per una la società senza classi dove tutti saremmo stati uguali.
[…]
…Ma si parlava di nuvole… Dicevo, com’è che all’improvviso circolava una nuvola, da dove veniva, come si permetteva? Questo, uno scrittore come te che misura il clima con la prova del nove non lo sa, anche se magari un po’ di umidità l’ha prodotta pure lui, anche solo rifiatando, a volte basta un alito, l’atmosfera è così sensibile, un po’ di fiato e hai fornito il tuo modestissimo contributo a formare la nuvola, la quale si incarica di trasportare l’ombra, e il paesaggio all’improvviso si incupisce, stamani era una giornata così radiosa, prometteva proprio bene, e invece il tempo si è guastato, chi l’avrebbe mai detto, questo gli scrittori come te non lo prevedono, capisco la tua storia… metafore… i due protagonisti si sono traditi a vicenda ma finalmente hanno riconosciuto il loro errore e l’essersi traditi cementa ancor di più il loro grande amore, la musica cresce di intensità, lui e lei si baciano appassionatamente sullo sfondo di un tramonto, si accendono le luci, sullo schermo appare the end, gli spettatori sono commossi, qualcuno ha anche pianto, è ora di cena, la domenica è ormai passata, tutti a casa. Il tuo Tristano meriterebbe un film così, edificante… Peccato che non sia così. Sai qual è la vera natura del tradimento? E’ che è traditore, tradisce anche colui che tradisce, e non ha confini, come l’ombra sul paesaggio, cominci col tradire un amore, o un amoruccio, voglio dire una cosa da nulla, tipo un gatto, e poi finisci con l’arrivare a te stesso, ma tu non lo sapevi che saresti arrivato a te stesso, altrimenti non avresti fatto la prima mossa, e invece proprio quella mossa là, una robetta da nulla che ti sembrava così insignificante è diventata una catastrofe, è un’alluvione, la piena ti trascina via, tu annaspi, annaspi, non si può nuotare nella piena…
Antonio Tabucchi, da “Tristano muore. Una vita”