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L’altra parte di me – Cristina Obber

Cristina Obber - L'altra parte di me “L’altra parte di me” narra la storia  di un amore omosessuale. Nel romanzo l’autrice da un lato pone l’accento sull’idea di “ugualità” dell’amore, a prescindere dalla persona di cui ci si innamora, contrapposta all’idea di “diversità” a cui spesso l’omosessualità viene associata, dall’altro fa emergere le difficoltà che incontra un legame pulito quando si scontra con il bullismo e le oscenità degli insulti.  La sfida di questa storia d’amore  è quella di non rimanere incastrata fra stereotipi e paure. Francesca,  una delle due protagoniste, decide di fare ‘coming out’; decide che è arrivato il momento della condivisione, dello slancio verso gli altri, mamma e papà per primi: racconta del suo amore senza indugi. Inizialmente incontra muri: c’è chi la evita – le amiche di sempre schivano i suoi abbracci, la nonna rifiuta le consuete partite a carte dopo pranzo, gli amici del mare vorrebbero convertirla con la loro virilità – e chi invece evita l’argomento sessualità – il padre che per la prima volta piange, la madre vuole mandarla da una psicologa, la sorella perfetta deve sposarsi col ragazzo perfetto ‘a differenza dell’altra che è invece “difettosa”. Gli stessi si sgretolano quando si comprende che non c’è proprio niente di cui avere paura,  che sono una fatica inutile”, perché logorano e sfiniscono tutti. 

Da leggere. Consigliato soprattutto ad adolescenti e genitori.

Non aveva mai pensato di dover dare un’etichetta ai propri sentimenti. Amava, e di amare non si decide, accade.


Coming out
[…] Perché ci si può innamorare anche senza riuscire a dirselo quando è soltanto il cuore ad avere le idee chiare, mentre la testa frena, come in sella ad una bici in una discesa ripida.
La primavera ha regalato loro pomeriggi trascorsi a raccontarsi di amiche e amici, di feste di compleanno, di prof che interrogano a sorpresa, d’infanzia, un’infanzia ancora seducente ma da cui allontanarsi con ribellione, affamate di emozioni e indipendenza.
[…]
Francesca decide.
Decide che è arrivato il momento della condivisione, dello slancio verso la vita e verso gli altri, mamma e papà per primi.
Se i genitori di Giulia l’hanno accettata, figuriamoci i miei.
Poco importa se Giulia è un amore virtuale, non è di Giulia che deve parlare, ma di sé.
Nessuna prudenza, solo la certezza di volere un futuro che cominci adesso.
Sceglie un giorno in cui Beatrice non c’è perché pochi giorni prima hanno parlato del Gay Pride e la sorella ha fatto una battuta idiota e i suoi l’hanno rimproverata.
Così Francesca ha deciso che il suo giorno è oggi mentre Beatrice è al mare con Filippo.
Si siede a tavola convinta ma ogni volta che prende il respiro qualcosa la intimorisce, infilza un altro boccone e mastica.
Finché a fine pranzo si alza e va in bagno.
Se ne sta lì, ora, seduta sul gabinetto a dirsi che i suoi lo hanno sempre detto che non c’è niente di male, che lei adesso è sicura che non si innamorerà mai di un ragazzo perché il suo amore abita in Puglia e si chiama Giulia.
Era certa che sarebbe stato facile trovare le parole, eppure ora è imbrigliata nel presentimento che ciò che sta per dire non andrà bene, che senza principe azzurro il suo imminente futuro non avrà i contorni così nitidi che solo mezz’ora fa aveva immaginato.
Prova a cercarle, quelle parole, le trova, si prepara delle frasi, tutto torna e promette bene.
Un respiro profondo ed esce dal bagno. […]
Suo padre sta raccontando di una nuova apparecchiatura arrivata in ospedale. Quel qualcosa cerca di ammansirla ancora e rimandarla indietro. Ma lei resiste.
Le spalle del padre sembrano più ampie, il mento più sporgente e la chioma bionda, leggermente imbiancata, più spettinata.
Sua madre lo ascolta aspirando boccate di nicotina con lentezza, giocherellando con le briciole dei crackers integrali.
Quando i loro sguardi interrogativi le piombano addosso Francesca parte al galoppo, dimentica di ogni premessa ben costruita, di ogni frase perfetta. Fissando le gocce di vetro che rifulgono dal lampadario d’epoca pronuncia d’un fiato la sua felicità, senza pause: “Vi devo dire che sono lesbica cioè mi piacciono le ragazze ho una ragazza”.
Antonio si alza di scatto, facendo cadere la sedia, e a passo veloce fugge in camera sua, lasciando aperta la porta che divide la sala dalla zona notte.
Francesca non l’ha mai visto piangere.
Ora giungono dei singhiozzi e non riesce ad immaginarselo.
[…] Pensa al padre e guarda la madre, immobile e muta.
Nemmeno Valeria riconosce questo marito sempre imperturbabile che l’ha lasciata sola, con la sigaretta che le si consuma tra le dita e lo sguardo sulle briciole.
Spegne il mozzicone sul piattino del caffè, si alza senza guardare Francesca e si avvia in cucina.
Francesca pensa”Dimmi qualcosa!”, ma lei ha già voltato le spalle e si è avvicinata al lavandino.
Apre l’anta sottostante, prende una spugna e inizia a pulire il piano cottura.
Francesca aspetta, la madre sciacqua la spugna sotto il getto dell’acqua, e la ripassa sul piano…
Prende il flacone della crema lucidante, la distribuisce con cura, sembra una bimba che gioca con la sabbia.
Francesca ha la nausea.

L’ombelico
È bella la fragilità, ti permette di entrare nel profondo delle cose.
C’è come uno scivolo che parte dalla testa e assottigliandosi scende a slalom fra arterie e organi, fino a raggiungere l’ombelico.
Più sei fragile, più lo scivolo si assottiglia.
Per molti sono poche le cose che riescono a raggiungere l’ombelico, devi essere fragile per riuscire a ricevere le più sottili sfumature del bene e del male.
Quando passano le sfumature del male soffri come una bestia in agonia sul ciglio della strada, ma quando passano le sfumature del bene la gioia che provi è così grande che non riesci a dirla e quelli che fanno i duri neanche se la sognano.
Questa percezione silenziosa ti dà forza, ti fa scoprire l’essenziale, della vita e di te.
E diventi resiliente, come quei materiali che reagiscono agli urti, e vai.

“L’altra parte di me” Cristina Obber – Piemme.