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Attesa sul mare – Francesco Biamonti

Biamonti Attesa sul mare

L’ultimo lavoro di un marinaio ligure prima di ritirarsi. Un’estrema fuga dalle cose piú amate, il gusto di sentire ancora una volta i silenzi del mare, il ritmo della solitudine.
Edoardo ottiene il suo ultimo ingaggio. Destinazione: le coste dell’ex Iugoslavia. Carico: una partita di armi. La navigazione procede tranquilla, fra ricordi, sensazioni, dialoghi. Gli uomini dell’equipaggio parlano a volte del passato, a volte del futuro, mai del viaggio in corso e dei suoi aspetti morali. La radio trasmette ordini, gli ordini vanno eseguiti, questo basta.
Finché la radio tace – un guasto, un sabotaggio? – e gli ordini non arrivano piú. E inizia l’attesa, l’attesa sul mare.
Einaudi editore, 1994

Ho letto e riletto l’ultimo libro di Francesco Biamonti, “Attesa sul mare”, andando avanti, incantato dalle reticenze tutte liguri dei dialoghi, dal puntiglioso controcanto che a essi fanno i “dettagli superflui” del paesaggio (farfalle, colori di piante, il mare, le costellazioni) e da un ritmo di limpida scrittura che, sempre uguale a se stesso, ben rende l’angoscia e l’attesa del dove approderà, fra gli altri temi, l’amore tra l’anziano navigante sempre calamitato dal mare e la donna che vive aspettando i suoi avari ritorni.

Giovanni Giudici – L’Unità, Giugno 1994


Abbiamo letto bellissimi libri di mare e di guerra. Ebbene qui tutto è come nuovo, fresco, commovente: per di piú è di oggi.

Lalla Romano

Estratto:

La corriera lo lasciò sotto Pietrabruna. Spariti subito nella curva i due compagni di viaggio, posò la valigia sul parapetto e si fermò a guardare. Si vedevano frane aggrappate alla collina e uliveti dentro voragini luminose. Era luce di mare. Si saldava alle cime, ai crinali, sino a Pietrabruna.
[…]
Era ormai sulla strada di casa. Riconosceva il mormorio della terra scoscesa, come quando vi giungeva, passato il mare, nel ricordo.
– Arrivi? – gli chiese Luca seduto sul margo, fra ginestre che mandavano un odore dolciastro.
– Non ti fa piacere vedermi?
– Sono molto contento. È più la gente che va che la gente che viene. T’aiuto a portare la valigia.
[…]
Sul mare ci si sente orfani, il navigante si strugge per tutto quello che ha lasciato e ricompone i conflitti che a terra dividevano il male dal bene. Si scende in una specie di grande valle, si entra in contatto con l’universo e i messaggi che arrivano da terra sembrano quelli di una cattedrale evanescente. Si getta sul mare uno sguardo che ha sempre qualcosa di perduto. L’uomo di terraferma crede che il marinaio sia felice di andare, non sa che è intessuto di angoscia e sogni e che gli sembra di percorrere una via che non conduce in nessun luogo. Per questo si affezziona agli strumenti che gli fanno tenere le rotte e lo portano da qualche parte. Un marinaio non arriva mai nel suo, non ha possessi, il suo sguardo anche più attento è sempre muto. Parla per farsi compagnia, oppure tace, e quando parla, spesso delira, non vuol convincere nessuno.”

Da: Attesa sul mare di Francesco Biamonti