Il silenzio” è il romanzo incompiuto di Francesco Biamonti, è un dolente racconto d’amore scritto nei mesi della malattia.
Il titolo, emblematico, è quasi una dichiarazione di poetica. Al centro della narrazione c’è l’incontro fra Edoardo, ex marinaio affamato di terra, “vittima di molti inganni”, e la bellissima e ambigua Lisa. Un libro breve, denso, riassuntivo che si interrompe, inaspettatamente e non senza sconcerto, con un interrogativo: “Lisa si spogliò davanti a vetri carichi di silenzio: immersa in riflessi di madreperla. Dietro la sua testa, la collina si profilava nell’ombra. – Perché non mi hai fermata? – chiese”. Con Il silenzio e la frattura di quell’interrogativo si ferma il viaggio terreno di Biamonti. |
A me piace sempre quando piove. Mi sembra di bere insieme agli alberi.
Dialogo, dai riflessi bucolici, tra il protagonista e un suo
collaboratore al lavoro tra gli ulivi. Riferimenti paesaggistici e meteorologici riportano anche in questo caso al contesto ligure-provenzale della narrativa di Biamonti.
Estratto
Due giorni dopo il tempo era mutato. Entrava un’aria fine, piena di ombre e tremolii d’argento. Edoardo ripuliva l’area di caduta delle olive: ben presto si sarebbero dovute stendere le reti. Era con Sirio, un suo compagno. Sirio aveva fatto un po’ di carriera nella marina da guerra e per passare il tempo lavorava in nero. Erano nati degli arbusti, lentischi, allori e alaterni, e li toglievano col picco.
– Mi rincresce. Sarebbero belli.
– Imbarazzano, e crescono a spese degli ulivi.
– Sui margini si potrebbero lasciare.
– Togli tutto, ce n’è tanti nel bosco.
– Piacciono dentro i vasi.
– A chi?
– Alle donne.
– Non certo a quelle che andavano a segare il fieno sulla montagna.
– Hai una strana visione delle falciatrici, delle nostre madri.
– Ogni tanto sul mare me le vedevo davanti e mi dicevo: hanno fatto una vita peggiore della nostra. Tu non ci pensavi?
– In questo momento non mi viene in mente, – disse Edoardo. Gli venivano in mente tante altre cose, ma non quel ricordo.
Entravano soffi più forti e vagavano ombre argentate.
Sirio era un lavoratore scrupoloso; e nella foga calpestava minuscoli fiori che, nella loro tinta, facevano concorrenza al cielo.
– Fa’ con calma.
– A novembre dobbiamo abbacchiare: stanno già uscendo le mosche dal verme di San Luca. Meglio prendere le olive acerbe che punte. O vuoi prenderle come Dio le manda?
Le ombre argentate si posavano sugli alberi, poi ripartivano. Passavano nuvole traforate, resti di cirri davanti al sole.
– Sta per venire il vento da ponente.
– Non è un vento freddo.
– Forse stasera piove.
– Se il tempo ci lasciasse finire questo lavoro.
– A me piace sempre quando piove. Mi sembra di bere insieme agli alberi.
Francesco Biamonti, Il silenzio