Cronache di poveri amanti ,secondo me, è il più bel libro di Pratolini. Ti fa rivivere, un luogo, un tempo , un mondo, un’ emozione.
Tradotto in oltre venti lingue, trasformato in film da Carlo Lizzani nel 1954, è stato uno dei maggiori successi mondiali del dopoguerra.
Le Cronache sono la rappresentazione della Firenze operaia e artigiana nel periodo in cui il Fascismo in ascesa, rafforzandosi sempre più, comprimeva la forza e la vitalità della classe operaia.
Via del Corno, nel cuore di Firenze, tra Palazzo Vecchio e Santa Croce, diventa il palcoscenico sul quale si muove una folta schiera di personaggi, uomini e donne che si muovono e si incontrano, aprendosi ora alla speranza e all’amore, ora ripiegandosi nel dolore e nell’odio delle lotte politiche degli anni Venti.
La forza di Pratolini è di documentare realisticamente gli entusiasmi e le fiducie della gente semplice dei rioni, della gente innamorata, giovane o vecchia che fosse, sempre con «il cuore sul davanzale della finestra dirimpetto». Uno scrittore che ha dipinto rioni e abitazioni, mettendo in scena, in maniera intimista, problemi sociali e politici, recuperati anche attraverso i fili delle proprie memorie personali. Un romanzo senza limiti di tempo, il cui finale sottolinea il continuo susseguirsi degli eventi e quindi della vita «con i suoi annessi e connessi»: i problemi, i dolori, le gioie, gli amori, i tradimenti.
A tentoni Ugo raggiunge la camera, si spoglia e tutto nudo accende una sigaretta. Ha fatto a
meno della luce[…]La camera è bassa di soffitto, le lenzuola sono calde di sole[…][sul
comò]nel ritratto c’è Lenin che lo guarda […] dal suo letto Ugo non lo distingue ma è come
se lo vedesse vivo, a un passo di distanza, di giorno, in mezzo a un prato
Incipit:
Ha cantato il grillo del Nesi carbonaio, si è spenta la lanterna dell’Albergo Cervia. Il passaggio della vettura che riconduce i tranvieri del turno di notte ha fatto sussultare Oreste parrucchiere che dorme nella bottega di via dei Leoni, cinquanta metri da via del Corno. Domani, giorno di mercato, il suo primo cliente sarà il fattore di Calenzano che ogni venerdí mattina si presenta con la barba di una settimana. Sulla torre di Arnolfo il marzocco rivolto verso oriente garantisce il bel tempo. Nel vicolo dietro Palazzo Vecchio i gatti disfanno i fagotti dell’immondizia. Le case sono cosí a ridosso che la luce lunare sfiora appena le finestre degli ultimi piani. Ma il gallo del Nesi, ch’è in terrazza, l’ha vista ed ha cantato.
Estratto:
La ferita di Ugo si stava rimarginando; già al quinto giorno, egli poté muovere la spalla senza sentir dolore. Gesuina aveva tirato giù la branda e si coricava nella stessa stanza, vicino alla finestra. Era stata la Signora a dirle: ” lo so, tu vuoi e potresti dormire in cucina. Ma Liliana ti vedrebbe ed io non voglio che venga a conoscenza della cosa. Non voglio assolutamente”. Aggiunse: “E poi, non è bene lasciarlo solo: impulsivo com’è potrebbe commettere qualche sciocchezza: affacciarsi alla finestra o che so io. Sacrificati ancora qualche giorno, cocchina!”.
Ma per Gesuina non era più un sacrificio. Ella stava in piedi fino a notte alta, e parlavano, lui steso su un fianco, con indosso il pigiama ch’ella gli aveva regalato, lei seduta al capezzale, come la notte del loro primo colloquio. Parlavano a bassa voce, sempre più piano via via che si faceva silenzio sulla strada: un bisbigliare fitto di due cuori, provenienti da opposte direzioni, tanto distanti che dapprima sembrò a loro stessi impossibile potersi incontrare. Ma lentamente si avvicinavano, scorgendosi appena sotto la scorza delle diverse esperienze, che a poco a poco cadevano come la borraccina raschiata dalla pietra, ed apparivano le loro anime, che erano ugualmente senza peccato. Ed erano piante giovani, desiderose di affondare le radici in una terra sana. Diciamo: amore, ma è l’incontro di due creature che vengono di lontano, si prendono la mano per farsi coraggio, siccome il cammino è lungo e bisogna arrivare al confine che introduce all’altra terra, se c’è.